Gioie dorate, dolci e... fritte

A Firenze un tempo, girovagando per il centro storico, era facile imbattersi in numerose friggitorie (negli sporti, nelle buche... in piccoli negozietti ricavati in angoli improbabili di palazzi rinascimentali o medioevali) che producevano frittelle di mele, coccoli, frittelle di riso, bomboloni e ciambelle. E a carnevale l'appuntamento d'obbligo era con i cenci, striscie di pasta tagliata a zigzag, fritta e ricoperta di zucchero a velo.
Ora le friggitorie non si trovano più e i cenci si possono comprare anche al supermercato, semplici o complessi (ricoperti di cioccolato o ripieni di crema o marmellata), ma la gioia sta anche nel riprodurre in maniera casalinga una ricetta tradizionale e magari insegnarla ai propri figli in modo da tramandarne il sapore e le caratteristiche.
Sì perchè ogni famiglia ha il proprio modo di cucinare e preparare i cenci (che in realtà si trovano dappertutto in Toscana e nel centro Italia con i nomi più disparati: chiacchere, donzelli, bugie, frappole... ): può cambiare lo spessore e la lunghezza delle strisce, il decoro a zigzag e anche gli aromi inclusi nella pasta (ci si possono mettere anice, finocchietto selvatico, ma io preferisco limitarmi alla ricetta originale che prevede solo buccia di limone e vin santo, oltre alle uova, la farina, lo zucchero e l'olio).
Alcune cuoche annodano le strisce prima di friggerle, altre le accoppiano, altre le ispessiscono per farle rigonfiare, altre invece tirano la pasta finoa  renderla sottilissima, così che a friggerla diventa iper-croccante...
Insomma, i cenci sono una gioia da mangiare ma anche da cucinare!

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